martedì 7 ottobre 2014

Regime contrattuale del comodato della casa familiare

Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno riesaminato la delicata questione della natura del contratto di comodato (concluso in favore di un figlio) avente ad oggetto un immobile che abbia poi fatto parte delle condizioni poste a fondamento di un regime di separazione tra coniugi, con la sua assegnazione quale casa familiare a vantaggio del coniuge diverso dal comodante.
La sentenza in esame è particolarmente importante perché, a seguito della sollecitazione da parte della III Sezione, ripercorre la problematica che era già stata affrontata dalle stesse Sezioni unite con la sentenza n. 13603 del 2004.
Le SS.UU. hanno inteso puntualizzare alcuni significativi aspetti in ordine alla individuazione del regime contrattuale che caratterizza il comodato riferito ad un immobile che poi abbia costituito, in sede di separazione coniugale, oggetto di assegnazione in quanto destinata a casa familiare. 
A tal proposito, le SS.UU., dopo aver precisato la varia tipologia delle connotazioni che può assumere il contratto di comodato, hanno stabilito che quello relativo ad immobile oggetto di accordo (in sede di separazione coniugale) per soddisfare le esigenze abitative della famiglia del comodatario (anche nella sua potenzialità di espansione), va ricondotto alla disciplina prevista dall'art. 1809 c.c., caratterizzandosi, perciò, per la contemplazione della facoltà del comodante di esigere la restituzione immediata solo in caso di sopravvenienza di un urgente ed imprevisto bisogno. Di conseguenza il comodato in questione deve ritenersi sorto per realizzare un uso determinato e per un tempo determinabile (ancorché) per relationem, scopi questi che possono desumersi dalla circostanza della destinazione a casa familiare contrattualmente prevista, indipendentemente dalla eventuale e futura possibilità del verificarsi di una crisi coniugale (conducente allo scioglimento del vincolo matrimoniale). Questa interpretazione viene ritenuta dalle SS.UU. -nel riconfermare sostanzialmente l'impianto argomentativo della precedente sentenza n. 13603 del 2004- favorevole al riequilibrio della posizione del comodante e tale da escludere complicazioni nell'individuazione della disciplina negoziale. Naturalmente detta ricostruzione implica che il comodatario, o il coniuge separato con cui convive la prole minorenne o non autosufficiente, che opponga alla richiesta di rilascio l'esistenza -con riferimento all'immobile (assegnatogli in godimento in sede di separazione)- di un contratto di comodato di casa familiare con scadenza non predeterminata, ha, comunque, l'onere di riscontrare che tale era stata la pattuizione attributiva del diritto personale di godimento (e, quindi, del titolo che lo abilitava a proseguirne l'utilizzazione), con la conseguenza che -una volta assolto tale onere probatorio- non può essere allegata l'iniquità di un contratto che le stesse parti avevano voluto e che, a prescindere dai diritti riconoscibili in via generale al comodante, rileva il carattere dell'indubbia stabilità della destinazione abitativa e della finalità solidaristica, quali scopi che fanno emergere, soprattutto, la necessità del soddisfacimento dei bisogni della prole affidata al coniuge comodatario. In definitiva, risulta confermato il principio secondo cui il provvedimento, pronunciato nel giudizio di separazione o di divorzio, di assegnazione in favore del coniuge affidatario dei figli minori o maggiorenni non autosufficienti della casa coniugale non modifica né la natura, né il contenuto del titolo di godimento dell'immobile già concesso in comodato da un terzo per la destinazione a casa familiare; pertanto, la specificità della destinazione, impressa per effetto della concorde volontà delle parti, è incompatibile con un godimento contrassegnato dalla provvisorietà e dall'incertezza, che caratterizzano il comodato cosiddetto precario, e che legittimano la cessazione "ad nutum" del rapporto su iniziativa del comodante, con la conseguenza che questi, in caso di godimento concesso a tempo indeterminato, è tenuto a consentirne la continuazione anche oltre l'eventuale crisi coniugale, salva l'ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed imprevisto bisogno.
Cass. Civ., Sez. Unite, 29 settembre 2014, n. 20448


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