venerdì 8 maggio 2015

Assegno divorzile formazione nuova famiglia di fatto perdita definitiva

La formazione di una nuova famiglia di fatto da parte del coniuge divorziato determina la perdita definitiva dell’assegno divorzile di cui il medesimo benefici.
La cassazione afferma, in primis, che la nuova convivenza deve possedere "i connotati di stabilità e continuità", costituendo così "un modello di vita in comune analogo a quello che di regola caratterizza la famiglia fondata sul matrimonio". In questi casi la "mera convivenza si trasforma in una vera e propria famiglia di fatto". "A quel punto –  continuano i Giudici di legittimità - si rescinde ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale e, con ciò, ogni presupposto per la riconoscibilità di un assegno divorzile". Anche se, precisa la sentenza, "non vi è né identità, né analogia tra il nuovo matrimonio del coniuge divorziato, che fa automaticamente cessare il suo diritto all'assegno, e la fattispecie in esame che necessita di un accertamento e di una pronuncia giurisdizionale".
Per gli ermellini, dunque, è "assai più coerente affermare che una famiglia di fatto, espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole da parte del coniuge, eventualmente potenziata dalla nascita di figli (ciò che dovrebbe escludere ogni residua solidarietà postmatrimoniale con l'altro coniuge) dovrebbe essere necessariamente caratterizzata dalla assunzione piena di un rischio, in relazione alle vicende successive della famiglia di fatto, mettendosi in conto la possibilità di una cessazione del rapporto tra conviventi (ferma restando evidentemente la permanenza di ogni obbligo verso i figli).
Cass. Civ. Sez. I, sentenza n. 6855 del 03/04/2015


Rettifica del sesso di persona coniugata - Mantenimento in vita del matrimonio

La prima sezione civile ha accolto il ricorso, proposto da una coppia unita in matrimonio e in cui uno dei coniugi aveva ottenuto la rettificazione dell’attribuzione di sesso, contro l’annotazione – avvenuta proprio a seguito di tale rettifica - a margine dell’atto di matrimonio dell’intervenuta cessazione dei suoi effetti. La Suprema Corte ha ritenuto che la sentenza n. 170 del 2014 della Corte costituzionale – con la quale ha dichiarato l’illegittimità delle norme in tema di rettifica del sesso nella parte in cui non prevedono la possibilità di mantenere in vita il rapporto di coppia con altra forma di convivenza giuridicamente riconosciuta, con modalità da statuire dal legislatore - fosse non di mero monito ma autoapplicativa, con la conseguenza che è costituzionalmente necessario conservare alla coppia il riconoscimento dei diritti e doveri conseguenti al matrimonio fino a quando il legislatore non intervenga.
Cass. Civ., Sez. I, sentenza n. 8097 del 21/04/2015